ESOFAGO: cos’è l’esofago e come influisce sulla nutrizione

L’esofago si estende dall’ipofaringe allo stomaco e ha le caratteristiche anatomofunzionali di canale di transito
dotato di strutture, prevalentemente muscolari, che adempiono ad un duplice compito:
• facilitare la progressione degli ingesti;
• ostacolare il reflusso di materiali (alimenti, chimo, succo gastrico) dalla cavità gastrica al lume esofageo e da questo nella cavità orofaringea.

Il primo compito si realizza attraverso la coordinazione dell’attività, in parte volontaria e in parte involontaria, della deglutizione e dell’attività peristaltica, involontaria, della muscolatura liscia dell’esofago. L’attività propulsiva esofagea è dovuta soprattutto ad onde peristaltiche primarie, le quali, partendo dall’estremità prossimale, si propagano a tutto l’esofago; esse sono evocate da un meccanismo riflesso indotto dall’atto della deglutizione, ma nella loro propagazione ha fondamentale importanza la stimolazione del plesso nervoso intrinseco (analogo a quello di Auerbach dello stomaco e dell’intestino), determinata dalla distensione della parete esofagea da parte del bolo ingerito.

La distensione locale dell’esofago provoca, inoltre, l’insorgenza di onde peristaltiche secondarie, che rafforzano l’effetto di quelle primarie; esse sono indipendenti dall’atto della deglutizione, partono a livello del restringimento aortico dell’esofago o subito al di sotto e si estinguono in corrispondenza dell’estremità inferiore del tratto toracico di questo organo. Esistono anche, almeno in certe condizioni correlate a disordini primitivi e secondari della motilità e del transito esofageo (si veda in seguito), onde peristaltiche terziarie, costituite da contrazioni autonome non coordinate, che interessano soltanto brevi tratti dell’esofago e non possiedono carattere propulsivo.

Radiologicamente, le onde peristaltiche secondarie conferiscono spesso a questo organo un aspetto caratteristico denominato “a clessidra”, mentre quelle terziarie possono dare origine ad immagini bizzarre e variabili come quelle “a cavaturacciolo” e “a rosario”.

Il secondo compito è legato alla presenza di meccanismi di tipo sfinterico sia a livello della giunzione faringoesofagea (sfintere esofageo superiore) sia di quella esofagogastrica. Le caratteristiche anatomofunzionali di quest’ultima, che è di fondamentale importanza nell’impedire il reflusso di materiale dallo stomaco nell’esofago, vengono descritte in questo stesso capitolo, trattando il problema del reflusso gastroesofageo.
La patologia esofagea è tipicamente caratterizzata da una variabile compromissione delle funzioni proprie di questo organo (di cui si è detto al punto A e al punto B) e clinicamente si associa all’insorgenza di una triade di sintomi comprendente disfagia, rigurgito e dolore, i quali verranno presi in esame più dettagliatamente nelle parti successive di questo capitolo.

Per quanto riguarda il problema della diagnosi delle malattie dell’esofago, l’esame radiologico con solfato di bario rappresenta certamente la metodica più importante per lo studio di questo organo, mentre meno utile in molti casi, anche per le possibili complicanze (soprattutto emorragia e perforazione), è l’indagine endoscopica, la quale ha, peraltro, il vantaggio di consentire l’effettuazione di prelievi bioptici del tessuto esofageo per un eventuale esame istologico necessario in caso di dubbio diagnostico.

Molto importante è anche, soprattutto in certi casi (come per esempio in presenza di neoplasia esofagea), la citologia esfoliativa dell’esofago, che può essere significativa dal punto di vista diagnostico in una elevata percentuale di pazienti. La semeiotica fisica è invece di scarsissima rilevanza scleroin tutte le affezioni di questo organo, poiché l’esofago, per la maggior parte, è situato in posizione profonda ed è quindi pochissimo accessibile a manovre di questo tipo.

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